TRASMUTAZIONE POST-DUCHAMPIANA

Carmelo Strano (*)

Nel 2013, Emanuele Magri, assieme a Paolo Gentiluomo (un duo già attivo in varie altre imprese), realizza “Fandonia, il paese dei supposti”. Vi è il mondo visto “alla rovescia”. E il lavoro può essere considerato l’emblema di tutta la sua complessa ricerca verbo-visiva. Non ultima cosa, la capacità che ha Magri di risultare presente e assente, incidente e innocuo, rivoluzionario e irridente. Ti rendi conto che una folla di idee urge tra mente e pulsione: diverse ma consequenziali. Il suo lavoro, silenzioso e malizioso (come un Pierino che colpisce con la fionda e si nasconde) merita un’attenta analisi, tesa a definirne le ragioni e i modi di una avanscoperta costante a partire dagli anni ’70 (si direbbe una devianza rispetto alle devianze conclamate). Incontro l’artista nel ’91. Per la mostra “Tre artisti a quattro dimensioni” -che curavo alla Spazio Metals di Milano- egli realizzava una singolare installazione a mo’ di fontana-alambicco con tubi che attraversavano la struttura di plexiglas, una sorta di labirinto-arte ambientale che (mi) piacque molto. La lessi proprio in questa maniera. Ma oggi in modo più ricco. Alchimista, ma diversamente da Duchamp. Resta il fatto che in ogni fase della sua ricerca insiste il senso della trasformazione e dell’ibridazione sul grande terreno della interculturalità. Accade alla parola nel suo costante rapporto dialettico con l’oggetto visivo nel quale essa si dissolve, o meglio si consolida, si direbbe a causa della pietra filosofale. La distanza dal maestro francese è soprattutto nel fatto che lo spirito teosofico e decadentistico lascia il posto alla pura oggettiva fenomenologia dell’ibrido. Si capisce perché il rapporto maschera-verità, o essere-apparire, si esplicita, anch’esso, lontano dall’ambiguità, compreso quella pirandelliana. La verità c’è ed è esaltata, dal momento che la parola, che di solito ne è portavoce, alberga nel corpo, o magari è già pronta per consolidarsi nella visione oggettiva di un “abito” (o parte di esso) e nelle sue vicende performative. Oppure nell’Oracolo Corporale. Oppure nella parafrasi visiva dell’ingegneria genetica. L’ibrido, il multiculturale, la fusione trasmutante di citazioni di mondi lontani (la cultura Maya, induismo, Budda, l’arte greca): ed ecco un bellissimo esempio di arte del nuovo millennio. 

(*) C.S.: filosofo, critico delle arti visive e dei linguaggi creativi, distinguished professor di Estetica, membro della Académie Européenne des Sciences, des Arts et des Lettres, autore di teorie innovative premiate in varie parti del mondo, teorico dell’estetica quotidiana, curatore di rassegne

C. Strano

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